1. Una vita al limite


    Data: 04/01/2019, Categorie: pulp, Autore: Lucido De Lirio

    ... perfettamente naturale, congeniale, capisci ciò che sei veramente. Quando lo hai capito senti allora che non puoi più farlo per finta, per un tempo limitato, devi esserlo davvero e per tutta la vita. A questo punto che la vita sia di anni o di giorni poco importa, perché non è tua ma di chi ti possiede. T: - No, non sono d’accordo. Tu scambi per presa di coscienza quella che è stata semplice assuefazione, abitudine. Ti sei a poco a poco abituata, rassegnata e alla fine lo hai trovato normale. Ma da questo a convincerti che sei una nullità, un corpo senza personalità di cui chiunque può disporre … Scusami ma credo che tu abbia in questo momento una percezione distorta … A: - Sai, ci ho pensato anch’io. Anche io ho pensato che l’assuefazione, la rassegnazione mi avessero portata ad interpretare le cose come non sono. Se fossi stata convinta al cento per cento, avrei anche evitato di ritornare qui. Sarei rimasta lì per sempre. Invece sono tornata, ho pensato che mi sarei riabituata presto alla vita civile, che mi sarei liberata di quel pensiero. Proprio stando qui ho invece capito che non era così. Non mi sono per niente ritrovata in questa vita. Più pensavo a come ho vissuto quei mesi e più mi sono resa conto che sono nata per essere dominata, per mettere il mio corpo nelle mani degli altri, come strumento di lavoro o di divertimento, come se non fosse il mio. Lasciare che altri facciano del mio corpo ciò che vogliono rimanendo indifferente. Del resto, mi ero già accorta in ...
    ... passato di essere così. Anche quando facevo la schiava per ruolo, per gioco, mi sentivo estranea al mio corpo, ero completamente indifferente all’idea di lasciare al Padrone il potere di usarlo, di giocarci, di torturarlo, di legarlo; subivo tutto, anzi devo precisare, non mi sentivo io a subirlo: io guardavo e registravo tutto quello che il mio corpo subiva come fossi una semplice spettatrice. T: - Nel senso che ti … come dire … che ti sdoppiavi, ti isolavi con la mente? A: - No, non è così. Il corpo era e rimaneva il mio, ero solo cosciente e convinta che in quei momenti non ero io a poterne disporre, ma il Padrone, pienamente e senza alcuna possibilità da parte mia. E trovavo assolutamente naturale questo diritto. T: - Quindi non recitavi il ruolo di schiava? Eri davvero convinta di esserlo? A: - Sì, dal momento in cui il Padrone prendeva possesso del mio corpo ero veramente priva di volontà. Gli cedevo la disponibilità ed il controllo totali. Solo che questa situazione non era definitiva ma temporanea. T: - Ma poi piangevi ed urlavi …e godevi anche … A: - È normale che un corpo stimolato goda, questo lo sai anche tu, quanti orgasmi non voluti, forzati dal Padrone, hai avuto? Ed è altrettanto normale che un corpo torturato pianga ed urli. Che io lo volessi o no, il mio corpo urlava e piangeva fuori dal mio controllo. Era il Padrone a farlo urlare e piangere a suo piacimento. Io il dolore lo sentivo eccome, ma glielo lasciavo fare perché era suo diritto. T: - Ma quindi, anche ...
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