1. Villaggio di houer capitolo 4


    Data: 15/10/2017, Categorie: Gay / Bisex Autore: prossi, Fonte: Annunci69

    ... della notte, di me e Joshua abbracciati nel nostro letto, l’uno all’altro mentre ci baciavamo, ci accarezzavamo e rinnovavamo di continuo il nostro amore reciproco.
    
    “Joshua, ti amo” dissi mentalmente mentre le nostre labbra si univano e la signora madre, dopo avere intinto le dita dell’unguento dentro il vasetto, forse dell’olio di oliva, meccanicamente, senza grazia, mi unse le natiche. Non erano le mani deliziose di mio fratello, né quelle esperte e delicate del dottor Mailer. Sembravano le mani di un operaia che fa il suo lavoro con efficienza, ma senza amore.
    
    “Joshua, ti amo” dissi e mi ricordai di sorridere come mi aveva chiesto.
    
    La prima vergata tardava ad arrivare. Ormai non c’era più scampo. Per quanto fossi terrorizzato dalla paura del dolore, era meglio che si iniziasse e si finisse in fretta. Ogni secondo passato in attesa era un’ulteriore inutile sofferenza.
    
    La signora madre terminò l’unzione e il signor padre appoggiò la verga sulle mie natiche; ne avvertii la presenza fredda e sinistra. Istintivamente afferrai con le mani un po’ di stoffa della gonna della signora madre, ne arrotolai un po’ tra le mani come se dovessi strizzarla e strinsi forte addentandola nel mezzo, gli occhi aperti come se vedessero ciò che succedeva alle mi spalle. La verga abbandonò le mie terga, un sibilo come di vento primaverile ne annunciò il volo verso il cielo e un altro come il fischio del vento quando c’è bufera ne preannunciò l’abbattersi sulla mia carne ...
    ... viva.
    
    “Joshua, ti amo.”
    
    Il dolore fu immenso, morsi la stoffa, strinsi le mani, tremai tutto come attraversato da una scossa elettrica, gli occhi fuori dalle orbite, ma dalla mia bocca fuoriuscì solo un lamento strozzato, contenuto e decoroso. Avevo superato il primo round, ne mancavano solo altri nove.
    
    Non ebbi il tempo di assorbire il dolore che il sibilo malefico morse di nuovo le mie orecchie.
    
    “Amore mio, stammi vicino.”
    
    L’impressione fu che la verga mi entrasse nella carne e che rilasciasse un liquido bollente. Mi lamentai con voce strozzata e prolungata, ma non cedetti al pianto.
    
    “Sei la vita mia.”
    
    La terza mi spaccò in due le natiche, non riuscii a rimanere fermo, la schiena mi si drizzò da sola e qualche lacrima clandestina fuoriuscì dai miei occhi senza il mio permesso.
    
    “Gioia mia, baciami.”
    
    La quarta mi fece contorcere che quasi cadevo dalle gambe della signora madre. Le lacrime inondarono l’alveo oculare e i muscoli del viso si contrassero trasformandolo in una maschera di dolore, eppure ancora non avevo pianto del tutto e riuscivo a strozzare il mio lamento.
    
    “Joshua, abbracciami, non ce la faccio più.”
    
    La quinta liberò il pianto e dalla mia bocca uscì un guaito che rimbombò per tutta la casa.
    
    “Joshua, perdonami, ho fatto il possibile.”
    
    Il signor padre s’interruppe mentre la signora madre intinse le dita nell’unguento e unse di nuovo le mie natiche.
    
    La sesta, la settima e l’ottava trasformarono il mio guaito in uno strazio.
    
    “Joshua, ...
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