Villaggio di houer capitolo 4
Data: 15/10/2017,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: prossi, Fonte: Annunci69
... non mi lasciare, non mi lasciare.”
La nona mi fece scappare un:
“Basta, signor padre, basta!”
La decima arrivò, ma io ripetetti:
“Basta, signor padre, basta!”
I dieci colpi di verga mi furono inflitti, la punizione venne eseguita. La signora madre intinse ancora le dita nell’unguento e unse di nuovo le mie ferite. Poi avvicinò la bocca alle mie orecchie e mi disse:
“Ringrazia tuo padre.”
Annuii. Che potevo fare?
“Grazie, signor padre – dissi ancora stando bocconi sulle cosce della signora madre – posso andare?”
“Non ancora, Mark.”
Ella intrufolò le sue dita tra le mie natiche divaricandole e cercò di introdurre nel mio ano il beccuccio del clistere. Poiché non gli fu facile, immerse il beccuccio nel vasetto dell’olio ungendolo abbondantemente e poi riprovò. Sentii il beccuccio farsi strada fino in fondo, la signora madre che apriva la mandata e il liquido caldo bagnarmi le viscere e cominciarle a riempire. La sensazione iniziale fu piacevole, ma presto mi sentii pieno.
“Non resisto più, signora madre.”
Ella mi rispose che c’era ancora del liquido nella boccia.
“Non resisto più, signora madre.”
Ella proseguì senza ascoltarmi mentre io mi sforzavo di trattenere gli sfinteri.
“Ecco, è finito. Puoi alzarti. Resisti più che puoi e poi siediti sul vaso.”
Obbedii, ma non mi trattenni che qualche secondo. Mi sedetti sul vaso e svuotai le viscere, ma non mi sembrò di scaricare la mia rabbia né le tossine che avvelenavano il mio ...
... corpo.
“Hai finito?”
Annuii.
Mi fu data una spugna bagnata per ripulirmi e una pezzuola per asciugarmi.
“Ricomponiti!”
Mi ricomposi i vestiti, ma sul mio viso e sul mio corpo non riuscii a cancellare i segni del dolore. Ero distrutto nel fisico e nella mente.
“Puoi andare, Mark. Ritirati nella tua camera. Scenderai per la cena.”
Mi avviai mestamente all’uscita, non prima però di dire:
“Buonasera, signor padre.”
Aprii la porta e lasciai lo studio o, se volete, la camera della tortura. I miei fratelli stavano lì, in corridoio, ad aspettarmi. Le sorelline avevano pianto, lo capii dal segno lasciato dalle loro lacrime sul loro viso delicato. Joshua, l’amore mio, era bianco in viso, quasi da morto.
“Devo andare in camera mia” gli dissi con un fil di voce.
Joshua annuì nel mentre la signora madre usciva anche lei dallo studio alle mie spalle.
Io m’incamminai e mi apprestai a salire la scala. Joshua mi seguì deciso ad accompagnarmi.
“Joshua, no! - gli ordino la signora madre – andrà da solo in camera.”
“Gli farò compagnia, signora madre.”
“Niente affatto, Joshua.”
Joshua mi guardò in viso e mi disse:
“Andiamo!”
Ma io gli riposi:
“No, Joshua, lascia stare. Vado solo. Abbiamo tempo di stare insieme.”
Lui mi guardò, mi sorrise appena e annuì.
A tavola, il signor padre annunciò che quella sera avremmo digiunato per colpa mia, della mia condotta peccaminosa. Mi dispiacque per le mie sorelline e per Joshua, ma anche questa era una ...