1. Villaggio di houer capitolo 10


    Data: 24/04/2019, Categorie: Gay / Bisex Autore: prossi

    ... poiché è impensabile che la moglie si fosse prestata a tanto. Solo tra noi uomini, sappiamo quanto può farci godere, e ci scambiamo questo piacere come amici, fratelli, amanti.
    
    “Ti piace?”
    
    “Si, è stupendo, continua, ti prego?”
    
    “Hai mai provato nulla del genere?”
    
    “No, è qualcosa di nuovo, non me lo sarei mai aspettato.”
    
    Continuai a spompinargli il buchetto e a farlo godere e nel contempo gli stimolavo l’ano con le dita aspettando il momento opportuno per inserirne uno all’interno. Egli si lasciò penetrare prima da un dito e poi da due assieme. Quando lo sentii pronto puntai il cazzo.
    
    Patrick si ritrasse e si innervosì.
    
    “No, non sono pronto, non me la sento, non è cosa per me.”
    
    Si sollevò dal letto e si accese una sigaretta.
    
    “Scusami, non ce la faccio.”
    
    Sapevo che non sarebbe stato facile sottometterlo a tal punto e che il lavoro per arrivare a tanto sarebbe stato lungo e faticoso, ma non demorsi.
    
    “Se non vuoi, se non sei pronto, non fa nulla.”
    
    “A te dispiace?”
    
    “Mi chiedi se mi fosse andato di chiavarti? Si, mi andava, ma non mi va di chiavare qualcuno contro la sua voglia.”
    
    Patrick mi guardò estasiato, con occhi ritornati carichi di desiderio, di virilità.
    
    “Voglio farlo di nuovo, Mark, non mi sei bastato.”
    
    “No, Patrick, hai avuto. Adesso ritorniamo al lavoro.”
    
    Il maestro si prostrò inginocchiandosi per terra accanto al letto.
    
    “Ti prego, solo un’altra volta.”
    
    “Patrick, quando sarai pronto a dar voce alla tua ...
    ... femminilità, io mi riconcederò a te. Fino ad allora, non chiedermi nulla poiché nulla ti darò.”
    
    Patrick si alzò stizzito e infuriato, più con se stesso che con me, sbraitando parole confuse rivolte a se stesso del tipo: “Tutta colpa mia, mi sono lasciato andare, un imbecille, ecco cosa sono.”
    
    Riprendemmo a lavorare non proprio con la solita professionalità. Patrick aveva perso la calma che lo aveva contraddistinto sino ad allora. Il suo viso era una maschera di dolore. Un dolore fisico generato dalla frustrazione nella quale doveva essere immerso. Egli mi desiderava e il guaio per lui era che io ero lì, davanti ai suoi occhi, nudo, in posa osé, a due passi dalle sue mani e non poteva avermi. Ero come Jonatha. Gli stavo attorno e non poteva toccarmi, avrebbe voluto, ma non poteva.
    
    Parlammo poco quel rimanente giorno ed i giorni seguenti se non le volte nelle quali ritornava alla carica avvicinandosi al letto per allungare le sue mani, per convincermi a sottomettermi al suo volere, alla sua potenza virile, ma io ero rimasto impassibile dinanzi alle sue preghiere, alle sue lacrime, anzi avevo limitato la sua area di azione. Egli non doveva più osare di toccarmi e se voleva che cambiassi la posizione, doveva spiegarmelo a parole. Se voleva avermi, doveva sottomettersi a me, lasciarsi penetrare, scopare a mio piacimento.
    
    Alla sera io e Josh ci incontravamo solo per un paio d’ore. Io lavoravo di giorno, lui di notte e restava un piccolo spazio tutto per noi.
    
    “Come va con ...