1. Il giorno in cui luca tornò


    Data: 15/05/2019, Categorie: Trans Autore: IoTuaAmante, Fonte: Annunci69

    Il giorno in cui Luca tornò.
    
    Il mondo fuori era rovente, il 5 agosto. La Stella irradiava calore come se avesse deciso di farlo campeggiando per qualche giorno nel mio giardino arso. Tutto intorno gli alberi, il bosco e più a valle i prati non assolvevano più al loro compito di sottrarre i raggi all'atmosfera e di temperarne il clima. Nemmeno più le rocce del fondovalle potevano ritenersi fortunate di lisciarsi allo sciabordio della corrente. Tutto era immobile, sospeso. Solo l'aria rarefatta tremava, in attesa di un miraggio, come me. Né un vibrar di foglia, né lo strisciare di una lucertola tra i fili d'erba. I limoni verdi appena accennati e già raggrinziti. In quel momento drammatico persino le cicale sembravano essersi poste in attesa della catastrofe imminente.
    
    Luca, la mia catastrofe. Luca, la mia fine, Luca il mio principio. Luca.
    
    L'alpha e l'omega. Luca. Purtroppo lui, eternamente Luca. Due sillabe appena accennate, brevi ma imponenti. La liquidità, l’evanescente leggerezza della "l", la cupezza, il tormento, l’ombra della "u", la durezza e la perentorietà della "c" e, per ultimo, la proiezione e l'apertura della "a". Un ponte a cui aggrapparsi dopo tanta asprezza. Un chiasmo col cuore imperscrutabile. Un vertice tenebroso in tensione con due ali lucenti.
    
    Quello era un nome che avevo imparato a dimenticare da bambina. A dire il vero allora non ero una bambina, ma la sua bimba di cristallo, la sua stellina che rimase sospesa in una costellazione solitaria ...
    ... tra la luna e il sole.
    
    Non mi riconobbe e mi scrisse un mattino di inizio agosto, il giorno prima, uno di quei messaggi necessariamente generici ma delicati di chi cerca un approccio cauto con mille dubbi e forse paure. Non lo riconobbi neanche io nonostante le foto che subito andai a cercare sulla sua pagina lo mostrassero in costume adamitico e mettessero bene in evidenza il suo mirabolante cazzo. Non lo riconobbi ma dentro di me si insinuò un sommesso turbamento. Attrazione mista ad ansia. Continuammo a scriverci compulsivamente per qualche ora interrotti solo dagli impegni professionali ma con il pensiero fisso, almeno da parte mia, al momento in cui sarebbe comparsa la notifica della sua riposta. Ogni “plin” era un sussulto a cui sarebbe seguita delusione se il messaggio non fosse stato suo. Progressivamente venni trasportata su una leggera brezza che d’un tratto rinfrescava la mia giornata e mi inebriava. Giunse poi il momento di dare maggiore consistenza alla spazialità della nostra conversaziine, di attribuire coordinate precise alle nostre rispettive collocazioni: gli chiesi dunque dove abitasse e gli dissi dove ero io. La sua risposta fu quella che non avrei voluto, quella che confuse la traiettoria su cui ci eravamo collocati. Mi chiamò per nome e mi disse chi era. La mia ebbrezza d’improvviso divenne il macigno, il cerchio alla testa che ti raccoglie il mattino al risveglio dopo aver bevuto un bicchiere di troppo. Il nostro discorso cambiò registro nel giro di ...
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