Villaggio di houer capitolo 13
Data: 09/08/2019,
Categorie:
Gay / Bisex
Autore: prossi
... accorgessimo, nell’enfasi dell’eccitazione, il cielo sopra di noi si era prima annuvolato e la luce del sole annebbiata. Grosse gocce di pioggia si abbatterono sui nostri corpi nudi, prima rade e poi sempre più numerose. In brevi attimi si mise a piovere e il vento si alzò minaccioso.
Mi affrettai a penetrarlo, non volevo andar via senza averlo fatto mio, ma il tempo fu implacabile.
“Dobbiamo andar via, sta arrivando un temporale” dissi dispiaciuto di dovere interrompere l’estasi al nascere, ma turbato dal presentimento che il destino si fosse intromesso tra me e Jonatha.
Velocemente ci vestimmo e togliemmo l’accampamento. Inforcammo le nostre bici e ci avviammo sulla strada del ritorno impauriti da un temporale che ogni secondo si faceva più carico di elettricità. Tuoni e fulmini ci seguivano e ci precedevano. Vidi negli occhi di Jonatha la preoccupazione dell’impreparazione a gestire una situazione inaspettata. La pioggia si fece fitta che non si vedeva a dieci metri ed eravamo già bagnati fradici. Pedalammo nell’acqua che ci circondava sotto le ruote delle bici, sopra le nostre teste, davanti ai nostri occhi, dietro alle nostre spalle, seguendo i viottoli che in breve erano diventati ruscelletti. Io seguivo lui che conosceva la strada, ma poi egli si fermò impedito dal fango di continuare. Lo raggiunsi per stargli accanto, rallentato dal vento che spruzzava la pioggia sul mio viso. Il suo volto era atterrito e mi accorsi che piangeva: “Mi sono perso – mi rivelò – ...
... Non ci capisco più nulla”.
Il suo pianto si fece dirompente e le sue lacrime si confusero con la pioggia: “Sono uno stupido – disse mortificato nel pianto – “Non so più dove siamo”.
Tutt’intorno sembrava uguale e non c’era nessun segnale che ci potesse offrire uno spunto di orientamento. Non ero impaurito per la pioggia né dall’essermi perso, ero solo dispiaciuto di vederlo piangere. Ero dispiaciuto di non avere potuto saziare la mia voglia di possederlo e ancor di più avevo voglia di possederlo nella pioggia, adesso che piangeva rivelando un’ulteriore bellezza.
“Cerchiamo un riparo” dissi con inconsueta autorevolezza.
Proseguimmo a piedi trascinando le bici a mano alla ricerca di un pertugio in cui acquattarci. I tuoni si fecero più fragorosamente paurosi, le fronde degli alberi mosse dal vento forte e vorticoso risuonavano di un fruscio tenebroso, il cielo si era oscurato. Il viso di Jonatha lasciava intravedere la sua paura e me la trasmetteva.
“Cosa facciamo?” mi chiese con voce tremante.
Non sapevo che rispondere, anch’io ero confuso e incerto sul da farsi.
“Mamma sarà preoccupatissima.”
Si, Lola doveva essere molto preoccupata e ansiosa di accogliere Jonatha tra le sue braccia e forse anche me, anzi sicuramente anche me. L’amore di madre che era in lei era così forte che in quei momenti doveva essere necessariamente in pena, con mille pensieri sul nostro destino a trapassarle la mente per quanto si trattasse solamente di un temporale, un brutto ...