1. Sapori d'africa


    Data: 23/08/2019, Categorie: Etero Autore: ErosLife, Fonte: Annunci69

    Era l'ultima settimana di primavera quando decisi di andare in campagna a pescare lungo la riva del fiume. Conoscevo molto bene la zona, avevo abitato in quella zona per parecchi anni prima di trasferirmi in città con lo scopo di laurearmi. Da allora ci andavo ogni volta che potevo, amavo la mia terra, convinto che prima o poi vi avrei fatto ritorno per sempre. Ma il lavoro e gli impegni con i clienti mi trattenevano in città più di quanto avrei voluto.
    
    Anche se mi piaceva la città, perché riusciva a non farmi sentire mai solo, ogni tanto sentivo la mancanza della terra, dei suoi odori, del suo essere primitiva e selvaggia...
    
    Quella mattina, di buon grado, mi alzai presto, presi le canne e la borsa con tutto il necessario per pescare e partii. Dopo un paio d'ore arrivai, ancora un po' assonnato dalla guida e dalla noia che questa, inevitabilmente, provocava in me. Scesi dall'auto, scaricai l'attrezzatura, chiusi il portabagagli e m'incamminai per il sentiero di campagna, situato nel bel mezzo di verdi e lussureggianti colline. La fertilità di quella terra emanava un profumo così eccitatnte da catapultarmi sempre nel passato, quando ero circondato da amici e facevamo baldoria tutto il giorno.
    
    Passò circa un'ora quando giunsi al posto dove ero solito fermarmi, ricco di trote, attirate da una rientranza del fiume dove l'acqua, battendo sul fondo del letto, smuoveva il fango, generando una leggera nube torbida che attirava ogni genere di pesce. Era il mio luogo segreto, ...
    ... quello che ogni pescatore trova e tiene per sé, pensando che sia il migliore, quando vuole stare solo e godersi la natura.
    
    Avevo appena fatto il primo lancio quando mi accorsi che si stava per alzare il vento e una nube grigia, da lontano, avanzava minacciosa verso di me. Se va tutto bene, pensai, gira a largo, e continuai a pescare.
    
    Feci in tempo a ributtare in acqua due trote, di solito ne prendevo molte di più, quando dovetti lasciar perdere. Il vento aveva portato su nuvoloni che stavano per esplodere in un acquazzone degno delle imprese bibliche di Noè. Non avevo un'arca a portata di mano così, deluso, mi sbrigai a riporre l'attrezzatura e m'incamminai rapidamente verso l'auto che avevo parcheggiato a un'ora da lì.
    
    Non feci in tempo ad arrivare al parcheggio. Dopo qualche minuto incominciò a diluviare e pensai immediatamente di rifugiarmi nella vecchia casetta dei pastori nella terra di Aldo, il mio vecchio e caro amico d'infanzia.
    
    Terra che prima apparteneva a suo padre e ancora prima a suo nonno, mai tornato dalla guerra e che non vide mai. In passato si usava costruire queste casette fra le colline per permettere agli allevatori di rifugiarsi in caso di pioggia o quando il sole spaccava anche le pietre, mentre il gregge continuava a pascolare liberamente.
    
    Arrivai di corsa al piccolo rifugio, che non era più grande di una stanza d'albergo senza il bagno, spalancai la porta con un leggero calcio e in una frazione di secondo fui dentro: un urlo imponente, ...
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