Come parlarne?
Data: 21/09/2019,
Categorie:
Feticismo
Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti
... e l’incubo con lei. Era piegata in avanti, stretta alle ginocchia, a causa delle risa, paonazza in volto e dalla sua bocca non usciva più alcun suono. Sollevò la testa, come se cercasse aria, ma non riuscì a trarre alcun respiro. Agitò le mani freneticamente, ed io iniziai a pensare che stesse male seriamente. Ero così agitato e preoccupato, che tra i miei pensieri si insinuò quello secondo il quale, se Debora fosse morta per le risate, non avrebbe potuto raccontare a nessuno il mio segreto. Ma io le volevo bene dopotutto, e non volevo che morisse. Quel pensiero mi fece star male. Ma tra le altre cose, Debora non morì. Con le lacrime agli occhi, riprese prima ad inspirare affannosamente, emettendo finalmente dei suoni, per poi tornare lentamente a respiri un po’ più regolari. Intanto l’incubo mi torturava, ricordandomi che da lì in poi la mia vita era finita e che avevo perso l’unica persona che mi aveva voluto bene veramente fino a quel momento. Io invece rimanevo disperato in attesa della sentenza, attendevo che la mia amica, o meglio ormai ex amica, mi dicesse qualcosa che, nel bene o nel male, mi salvasse o mi facesse affondare definitivamente. Quando finalmente portò di nuovo il suo sguardo su di me, aveva un’espressione per me incomprensibile in quel momento. Le mie paure e le mie sensazioni mi impedivano di decifrarla. Non potevo minimamente credere che lei potesse capire. E le avevo ormai messo addosso soltanto la condanna nei miei confronti. Tenendo il capo piegato ...
... di lato, lo scuoteva leggermente, mentre i suoi occhi lucidi mi guardavano allegramente, con le labbra sottili aperte in un sorriso, in un’espressione nella quale vedevo disgusto, disprezzo, derisione ed anche una leggera nota di sadismo, mentre al contrario non riuscivo a trovare nessuna compassione, nessuna tenerezza, nessuna solidarietà. Tuttavia non ero ancora pronto a sopportare ciò che mi avrebbe detto. I miei incubi divenivano realtà sotto i miei occhi. “Ma come puoi anche solo pensarlo” disse. “Dovresti conoscermi, no?”. La sua voce cristallina fu scossa da un ultimo singulto di risa. La fissai per un attimo confuso. Non sembrava per nulla mossa da desideri di distruzione. “Siamo amici… vero?” domandò serena. “Sì…?” risposi incerto. “E ti ho mai dato l’impressione di essere una che racconta in giro i fatti altrui? Potrei offendermi, solo perché lo hai pensato”. Quel sorriso non accennava a diminuire. Ora che la mia mente si stava liberando dalle peggiori fantasie, iniziai a vedere in quella espressione, la stessa a cui prima avevo assegnato le peggiori intenzioni, quella pietà, quella comprensione, quella dolcezza di cui prima ero assetato. Addirittura ebbi l’impressione di vedere uno sguardo d’amore. Ma ero troppo su di giri ora che capivo che il peggio era passato. I segni erano chiari. Non mi disprezzava, né mi rifiutava. L’incubo era oramai morto e sepolto. “Come lo hai capito?” domandai. “Cosa ho detto, o fatto…?” “In realtà è stata la tua passione a parlare per ...