Coca y rum
Data: 05/12/2019,
Categorie:
Tradimenti
Autore: HarrymetSally
... muscoli sottili e guizzanti, messi in evidenza dalle camicie slim fit e dai pantaloni attillati, e una andatura dinoccolata che conservava una certa eleganza nonostante gli assurdi tacchi delle sue scarpe di vernice nere con la punta color cammello. La sua era una specie di uniforme, che indossava con noncurante baldanzosità per sottolineare il proprio status semi-divino.
Per una sorta di piglio ribelle che in quei giorni si diffondeva dentro di me come un virus, rifiutavo con testardaggine di chiamarlo Maestro e, le rare volte che mi ero rivolta a lui, lo apostrofavo sempre con il suo nome di battesimo, Armando.
Sul Maestro Armando circolavano le più disparate leggende metropolitane, in particolare sui suoi sofisticati, e al tempo stesso insaziabili, appetiti sessuali. Correva voce che scegliesse una allieva per ogni corso, e usasse tutte le sue armi di seduzione per farne il proprio giocattolo sessuale. Era quello uno dei motivi per cui, alle famose serate danzanti, Armando non arrivava mai con la propria auto.
A fine serata si faceva trovare, appiedato e sorridente, di fronte all’uscita della discoteca e aspettava che la preda di turno lo caricasse in macchina e lo accompagnasse a casa. Pareva che le ragazze cedessero tutte quante, in parte sedotte dal suo carisma impetuoso, in parte perché essere la favorita del Maestro ti poneva sotto i riflettori e apriva la strada a successive conquiste.
Se volete la mia opinione sulle leggende metropolitane, sono come i ...
... cliché: esistono per una ragione.
La ragione mi fu evidente a partire dal terzo mese della mia frequentazione all’Accademia, quando il Maestro cominciò a riservarmi una quota supplementare di attenzioni. Non saprei dire se furono il mio entusiasmo e la mia dedizione, o piuttosto le mie chiappe modellate da danza e pilates, a guadagnarmi il ruolo di prescelta, ma mi accorsi subito che l’intero gruppo guardava a me con occhi diversi. Come in ogni ambiente umano chiuso, il cambio di rotta che la mia relazione con Armando aveva intrapreso non era passato inosservato. Potevo quasi udire il pettegolezzo che accompagnava ogni nostro passo, avvolgendoci in un involucro di energia statica sgradevole e al tempo stesso inebriante.
Armando cominciò a scegliermi sempre più spesso come controparte femminile per mostrare i passi e le figure al gruppo, riparandosi dietro lo scudo della mia bravura per giustificare quel “favoritismo” piuttosto sfacciato. Mentre provavamo i movimenti, avvertivo la sua mano sostare sulla schiena o sui miei fianchi, sempre un istante più del dovuto, troppo per ignorarla, troppo poco per protestare. Anche questa, pensai, è maestria.
Durante i venerdì sera di pratica libera, mi invitava spesso e mi trascinava sulla pista per delle vorticose esibizioni che mi lasciavano senza fiato e orgogliosa. Il suo innegabile talento esaltava i miei progressi e la mia carnagione chiara si intrecciava alla sua pelle brunita con la stessa esplosiva eleganza con la quale il ...