1. Bocca di miele


    Data: 11/04/2020, Categorie: Tradimenti Autore: Arzacchio

    ... spero, che non stia fingendo la passione con la quale mi riceve, con la quale pur sottolineando ogni minima penetrazione, sembra non sia mai sazia di ogni mia spinta che prende maggior forza ad ogni ritmo successivo. Ansima, e cresce nel suo tono che sa essere implorante e deciso, felice ed imbronciato, che le fa corrugare la fronte e volgere la testa all’indietro, come se in uno stimolo muscolare non possa chinarsi ma quasi fuggire dalla stretta in cui la costringo. Apre la bocca che nei suoi gemiti si asciuga, e subito la lingua riesca ancora ad inumidire le labbra rosse, che si aprono per richiamarmi a coprirle con le mie, a scontrarmi per lasciarla entrare affinché possa scrutare di nuovo come alla ricerca di nuove sorprese. Ma non ne trova, ormai è senza segreti per me, a parte nuovi sapori che sembra prendere quando le succhio la lingua o le lecco le guance anch’esse vermiglie, o quando mordo i lobi di orecchie ancora fresche, o quando sprofondo di nuovo con il naso tra i suoi capelli alla ricerca del suo vero odore, quello che non sparisce nel tempo, ma aumenta ad ogni minima stilla di sudore. Il mio sesso brucia proprio là dove lei è più calda, ed il suo calore mi richiama sempre più fino a farmi immaginare un fuoco lì dentro, che attizzo come un mantice o al quale cedo la mia carne combustibile che consuma, ma al contempo si spenge tra i suoi liquidi che sembrano impedire il propagarsi delle fiamme al suo esterno. Le stringo le natiche con forza, e nonostante le ...
    ... mie scarse unghie riesco ad aggrapparmi come un koala ad un tronco e con lo sforzo di una ginnastica dolce mi aiuto a seguire quei ritmi che ormai hanno preso il mio cervello come un mantra di carne e sangue pulsante. La sua pelle non è così calda come altrove, lì dove siede sul legno laccato, dove l’umidità dei suoi pori rende opaca ed appannata la superficie, e dove nonostante tutto vedo lei stessa riflessa nel nero, confusa ma presente. E penso quando all’indomani scoprirò le sue tracce ancora sullo stesso legno, e le annuserò di nascosto come per rendere vivo il ricordo di questi momenti attuali, e forse quelle stesse tracce assaggerò come un cane che si lecchi le ferite, come una zecca che succhi il sangue o che debba vivere del sudore altrui. E mi immagino quei sapori ormai vecchi e freddi, frammisti alla polvere di domani, alle tracce dei giorni passati, trasformati e miscelati, che non mi piaceranno, lo so già, se non come un tratto d’unione tra ciò che feci prima ed il suo ricordo.
    
    E vorrei spremere e lasciar colare in una bottiglia tutto ciò che di lei è liquido profumato, il suo sudore, l’effluvio del suo sesso, le sue lacrime di gioia: per poterne domani e nel futuro aprire il tappo e sorbirne, poggiare il naso e lasciarmi trasportare nel tempo; rivivere con una stilla di quel succo sulla punta della lingua tutti i retrogusti acidi o salati o dolci per inglobarli in me.
    
    Ed è come se questo pensiero mi dia nuova forza, che stranamente non cala, e mi sostiene ...