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T o n y
Data: 18/09/2020, Categorie: Gay / Bisex Autore: nh-paul
... speranza. “Sei proprio un finocchio… vuoi fare l’amore, eh?” disse, canzonandomi, non era arrabbiato, ma solo divertito “E facciamolo, dai, chiudi la porta e vieni qua!” Ero già eccitato e ubbidii contento, andando ad inginocchiarmi davanti a lui, ma poi parlò: ”Stavolta abbiamo un sacco di tempo e puoi fare un bel lavoro… sai che voglio? Fammi un pompino, puttanella!” Stava usando un linguaggio insopportabile che aveva imparato dal giornalino pornografico che era girato in quei giorni a scuola che io non avevo guardato. Perciò non sapevo neppure cosa fosse un pompino. Si accorse del mio smarrimento e s’affettò a spiegarmelo. “Vorrei che me lo facesse una donna, ma puoi provarci tu che sei un finocchio. Me lo devi prendere in bocca e devi leccarlo e poi succhiarlo… tanto la mia sborra ti piace, no? Puttanella!” Ancora quell’insulto che mi riempì gli occhi di lacrime. In genere piangevo dopo, da solo, ma quella volta avevo già la faccia bagnata. “Vattene” dissi cominciando a singhiozzare “Vattene, stronzo!” E gli diedi una spinta, tanto forte da farlo sbattere contro la porta che tremando aprii, perché l’avevo chiusa a chiave. E sempre sospingendolo lo buttai fuori di casa. Ero disperato, ma nonostante la tragicità di quel momento, la tensione che provavo, lo smarrimento, perché mi sentivo assolutamente solo al mondo, più solo di quanto non fossi mai stato, ero sempre e ancora di più eccitato. Mi buttai sul letto, raccolto su me stesso, anni dopo ho ...
... scoperto che assunsi la posizione fetale, il ritorno nel grembo, l’estrema protezione e tutto il resto, ma quel pomeriggio attesi soltanto di trovare in me la forza di sopravvivere e quindi di liberarmi di Tony. Inutile dire che non ci riuscii. Quella stessa sera c’incontrammo all’associazione. Vidi che mi guardava sorridendomi, poi si rivolse ad altri che erano con lui e facendo cenno a me sillabò la parola ‘finocchio’. Quelli risero. Ero sconvolto, ma non feci nulla per smentire l’insulto, per aggredirlo, chiedergliene conto. Forse non era nel mio carattere. Scoppiai a piangere e scappai, ma questo non m’impedì di andare a scuola il giorno dopo, incontrando le stesse persone, e di tornare agli scout la sera. Che altro avrei potuto fare? Forse Tony aveva detto a tutti ciò che facevamo, oppure non era così. Ovviamente se n’era ben guardato, ma io vissi lo stesso nel terrore che tutti potessero saperlo e quindi chiedermi quello che lui voleva da me. Neppure una settimana più tardi, era già quasi estate, mi chiamò a telefono, i suoi genitori erano fuori, disse, la casa era libera e, se ne avevo voglia, potevamo discutere di quella cosa. Pensai che volesse scusarsi, perché in quei giorni, facendomi violenza, l’avevo evitato, ignorandolo quando l’incontravo e mostrandomi assolutamente freddo se mi si rivolgeva. E quando lo faceva era sempre con quel sorriso dolce, diabolicamente dolce che però non riusciva più a fregarmi. Almeno mi illudevo di pensarlo, perché ...