Come parlarne - II Capitolo
Data: 29/08/2021,
Categorie:
Feticismo
Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti
... mano, si avvicinò alla mia gabbia. La luce dietro le due figure teneva in ombra il loro viso. Per un attimo pensai che non avrei visto il volto di questo paladino prima che il sogno finisse. Invece aprì la gabbia, poi fece un passo, porgendomi la mano. Ed in quel momento un raggio di luce illuminò il suo volto. Ero io. Quel paladino ero io. Mi svegliai. E capii. Amavo Debora. E proprio perché l’amavo non potevo immaginare nessun altro accanto a lei. Nessuno avrebbe saputo o potuto amarla più di me. I miei veri sentimenti avevano trovato una strada per mostrare sé stessi di fronte alla parte di me che non voleva vedere e aveva paura del cambiamento. Ero ingabbiato dall’idea che tra me e Debora ci fosse solo un’amicizia, al punto da non rendermi conto della gelosia che in quei mesi avevo provato nei suoi confronti, quando la vedevo circondata da ragazzi che ci provavano con lei, ragazzi che non erano me. Avevo nascosto a me stesso l’amore sincero per Debora, mentre cercavo disperatamente di rimanere in corsa su binari che non erano più adatti a me, i vecchi binari dell’amicizia. Ma l’amore è un treno più veloce, che non può correre su vecchi binari. Quando quel paladino si era mostrato, mi ero visto come ero. Non io, ma lui avrebbe saputo amare Debora. Perciò non io, ma lui, doveva farsi avanti per dirglielo. Il paladino. Che a tutti gli effetti ero io. Ma un “io” nuovo. Era un giovedì. Inviai un messaggio a Debora: “Posso passare da te stasera dopo il lavoro? Ho bisogno di ...
... parlarti di una cosa importante.” Debora: “A che ora arrivi?” Io: ”Verso le nove e mezza.” Debora: “Ok.” Arrivai anche prima. Attraversai il cancello, parcheggiai il motorino ed arrivai alla porta. Debora mi accolse. Salutai i genitori, seduti di fronte all’home theatre, poi la seguii su per le scale fino al parlatorio, ovvero la sua stanza. In quel momento pensai che forse ero l’unico ragazzo che avesse mai varcato quella soglia in tutti quegli anni. Non ci avevo mai pensato prima. “C’è qualcosa che non va?” domandò, mi sembri agitato. “Lo sono”. “Qual è il problema?” Mi sentivo due pesi addosso. Come parlarne. E come l’avrebbe presa. Ma guardai il paladino. La sicurezza con cui era sceso in campo e aveva sconfitto l’oscurità. Non mi sarei fermato, qualunque cosa fosse successa. “La nostra amicizia” risposi. “Non capisco” disse confusa. “Debora, non posso più essere tuo amico” La sua espressione da confusa si fece preoccupata: “In che senso non puoi, più essere mio amico? Ho fatto qualcosa?” “No” risposi, “tu non hai fatto nulla di male… Non dipende da te, dipende da me…” La vidi in ansia: “mi sembra che tu mi stia lasciando…” “Ti sto lasciando come amico…” “Ma cosa vuol dire?” Sembrava sull’orlo delle lacrime. Trassi un profondo respiro: “Vuol dire che… che mi sono innamorato di te”. Il tempo si fermò. Poi andò molto a rallentatore. Debora fece un passo indietro, portando una mano a coprire la bocca, emettendo da essa, prima flebilmente, per poi aumentarne l’intensità, un ...