Il soldato
Data: 16/01/2018,
Categorie:
pulp,
Autore: Tibet
Ci sono persone che hanno incontri predestinati, ineludibili. La piaga è dolorosa, una ferita rimarginata a fatica all'avambraccio e parte della mano destra. Le componenti dell’aggressore chimico che l’hanno colpito sono ancora ignote nonostante i continui esami eseguiti dopo i prelievi di cute. Le cure sono difficili, gli apprendisti stregoni che si definiscono medici si mettono il loro bel camice bianco, lo visitano e provano sempre nuovi farmaci senza un gran successo. Degli incapaci, li ha etichettati fin dall'inizio. Macellai. Segaossa. Neppure un clistere come si deve saprebbero fare. Fottuti scalda sedie. Deve imbottirsi di antidolorifici, psicofarmaci, droghe per combattere il dolore. E l’esercito? Quello che era la sua famiglia? La sua vita? Il suo passato e che doveva essere il suo presente e futuro? Come sempre non mostra la minima considerazione, né umanità per chi l’ha servito per parte della sua esistenza. Dopo il lungo periodo di malattia passato negli ospedali lo hanno messo a riposo per inabilità fisica con una indennità mensile. Non sono pochi soldi, è vero, ma non è quello che lui desidera per se stesso. Si sente solo. Perso come un bambino senza genitori. Inadatto ad inserirsi in una nuova vita. Ha preso alloggio in un piccolo hotel economico, una stanza anonima con mobili consunti dal tempo, sempre meglio della asettica camera dell’ospedale dove ha passato lunghi mesi. Parte del tempo lo passa disteso sul letto, occhi al soffitto, la mano sana sotto la ...
... testa, l’altra distesa e ascolta vecchia musica, adora Jimi e Morrison. Fuma, alterna sigarette alla cannabis. Beve dalla bottiglia lunghe sorsate di tequila. Quando sente battere la mano anticipa il dolore perché sa che diventerà presto lancinante e prende dosi di antidolorifico sempre più consistenti e sempre più ravvicinate. Nel tardo pomeriggio come sempre esce. Indossa degli jeans sdruciti e una t-shirt, usa volentieri quelle degli Hard Rock Cafè, ne ha decine, di ogni parte del mondo e lavate nelle lavanderie a gettone mille volte. Se la giornata è fredda mette un giubbino liso quanto lui. Esce e per prima cosa combatte la sua depressione entrando nel bar più vicino per farsi un paio di birre. Al solito trova un giovialone perditempo, sempre diverso, che non ha niente di meglio da fare che chiedergli cosa ha fatto alla mano, la risposta è la medesima da tempo ormai, risponde che se l’è rovinata a forza di farsi seghe. Condivide la risata del buontempone con un ghigno e non gli da corda. D’altra parte il suo aspetto non incoraggia certo a proseguire la discussione, la sua aria scostante non invita al dialogo e notano anche il suo sguardo cattivo. Il bontempone di turno rinuncia. Più tardi mangia qualcosa, non gli importa cosa, basta che sia commestibile. E si mette alla ricerca dei suoi antidepressivi personali. Fica… che cerca in qualche chiavatoio, gli piacciono le puttana un po’ sfatte, alla fine della carriera, vuole qualcosa di particolare ed è più facile che sia ...