1. Abrazo


    Data: 28/01/2018, Categorie: Etero Autore: HarrymetSally

    ... faceva il superiore, lo era.
    
    Per questo motivo, ero tortuosamente lusingata dalle attenzioni che mi dedicava, sebbene fosse spietato ed ogni suo giudizio lasciasse lo stesso segno di una frustata.
    
    Desideravo compiacerlo, e desideravo che mi guardasse con gratitudine e ammirazione.
    
    Il sesso non si era insinuato nei miei pensieri, nonostante considerassi quell’uomo terribilmente attraente. Troppa era la tensione della sfida, troppo forte il desiderio di riconoscimento.
    
    Nelle settimane successive, non mi feci trovare al solito tavolo.
    
    Girai di Milonga in Milonga, ogni notte, aspettando l’alba avvinghiata a chiunque fosse disposto a farmi ballare.
    
    Accettai tutti, giovani o anziani, alternativi fuoriusciti dai centri sociali o malinconici cuori solitari in cerca di consolazione, per me non faceva differenza. I piedi martoriati urlavano la loro protesta, ma io li ignoravo, rispondendo con entusiasmo ad ogni mirada, accettando ogni mano tesa.
    
    Notte dopo notte, sacrificai la mia naturale alterigia sull’altare di un uomo del quale non conoscevo neppure il nome, e nel farlo riscoprii il piacere di donarmi, di danzare senza giudizio.
    
    Lo rividi circa un mese e mezzo dopo il nostro ultimo incontro.
    
    Quando entrai in Milonga era già lì, seduto con l’aria annoiata al tavolo che aveva ospitato la nostra ultima conversazione. Avevo volutamente atteso l’ultima porzione della notte, quella in cui la pista si svuota e la musica diventa più contorta e ...
    ... viscerale.
    
    Con andatura misurata, mi diressi verso di lui, ondeggiando sui tacchi. La mia figura esile era inguainata in un corto abito di velluto blu elettrico, che lasciava la schiena completamente scoperta. Le mie gambe affusolate, inguainate nelle autoreggenti, calamitavano gli sguardi dei presenti, ma io ero interessata solo al suo.
    
    “Ti ho cercata” mi disse mentre mi invitava a sedere.
    
    “Sono qui” dissi, baciandolo sulla guancia, appena sopra la perfetta linea della barba.
    
    “Vuoi ballare”. Lo disse senza che sembrasse una domanda, alzandosi e porgendomi la mano.
    
    Lo seguii sulla pista, e mi avvinghiai a lui.
    
    Il disc-jockey attaccò una tanda che era una densa colata di note, calda e rossa come lava nell’oscurità. Non si mosse subito. Attese, ondeggiando dolcemente, come un surfista alla ricerca dell’onda perfetta. La trovò, e cominciò ad impartirmi i suoi comandi silenziosi muovendo il proprio asse, intrappolandomi con le gambe per poi liberarmi improvvisamente, facendomi spiccare il volo. Il suo equilibrio pefetto mi faceva sentire audace e sicura nello sperimentare, togliendomi del tutto quella paura di sbagliare che rende il tango meccanico e senza vita. Quella notte mi sentivo infallibile e bellissima e, al tempo stesso, provavo nei confronti di quell’uomo il senso di assoluta, volontaria sottomissione che si prova di fronte alle divinità.
    
    Avvertivo il calore della sua mano sulla mia schiena, sensuale senza mai essere allusiva. La mia pelle rispondeva al suo tocco ...
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