Emigranti 1
Data: 01/02/2018,
Categorie:
Prime Esperienze
Autore: geniodirazza, Fonte: Annunci69
Emigranti 1
San Rocco è una località introvabile persino su guide turistiche, anche quelle più specialistiche del’Appennino interno.
Ancora meno conosciuta era al tempo a cui si riferiscono i fatti qui raccontati, quando era abitata da forse cinquecento residenti e un paio di centinaia che vi sostavano solo per il mese di agosto passando il resto dell’anno, da emigrati, in Svizzera o in Germania.
Questa condizione era fondamentale all’esistenza: tutto si svolgeva in funzione dell’emigrazione e la vita in paese era scandita dal “prima” o dal “dopo” la festa patronale che era l’unico momento in cui tutti gli abitanti, o quasi, erano presenti.
Agosto era il mese per gli affari, per le compravendite, per i battesimi, le comunioni e i matrimoni. Tutti si sposavano ad agosto, alla festa del patrono, e quasi sempre molto giovani.
A me toccò che non ancora avevo diciannove anni; il marito, concordato tra le famiglie, era ovviamente uno che viveva undici mesi all’anno in Svizzera ed io l’avevo si e non intravisto un paio di volte.
Di mettere in discussione una decisione così importante non se ne parlava neanche e, per la verità, quando mi dissero che avrei sposato Antonio, non feci ne “ah” né “bah” e accettai la decisione comune.
I preparativi furono un evento pubblico (come del resto avveniva ogni anno in quella stagione) considerato che non ero la sola a fare il “grande passo”.
Il centro nevralgico dell’animazione era la casa di Donatella che, tra le altre ...
... cose, possedendo una macchina per cucire ed una certa abilità di sarta, si occupava degli abiti delle spose.
Le necessità di prova e di sistemazione dei particolari ci inducevano ad essere spesso a casa di Donatella, singolarmente o in gruppo le quattro candidate, e naturalmente i commenti e i pettegolezzi si sprecavano.
“Benvenuta al club delle vedove bianche in caccia” mi salutò Donatella la prima volta che parlammo del mio abito da sposa.
La guardai perplessa: non riuscivo a dare un senso alla frase. Mi venne incontro lei, quando si rese conto del mio stupore.
“Se non lo sai già, è giusto che tu sappia che le spose che restano per undici mesi all’anno separate dal marito si dicono normalmente vedove bianche. Tu dal mese prossimo sarai una vedova bianca.”
“Perché in caccia?”
“Questo è meno facile da spiegare; ma forse già tra qualche settimana te ne renderai conto da sola”.
L’arrivo delle altre promesse spose impedì ulteriori commenti.
Ma l’interrogativo era rimasto e chiesi a mia madre. “Non ci fare caso; stupidaggini” commentò; e la mia curiosità si accese più viva.
Fu una delle comari a illuminarmi un poco, una volta che ci trovammo a spettegolare sul ballatoio “Pare che l’insoddisfazione delle spose abbandonate per gran parte dell’anno venga coperta dai ragazzi rimasti in paese, da quelli piccoli - dodici/tredici anni - a quelli ormai grandi e in grado di surrogare gli adulti, vale a dire dai quattordici ai sedici anni e non oltre perché poi si ...