Il nano elefantino
Data: 03/02/2018,
Categorie:
Tradimenti
Autore: benves
... quanto si pensi.”
Rimasi lì e annuii.
Andrea prese una mia mano fra le sue e disse: “forse so cosa potrebbe aiutarti, vieni con me.”
Andrea mi portò nella sua stanza; per via della sua statura, mi disse, aveva avuto una stanza singola che però usava anche come ripostiglio per i suoi vari costumi che erano riposti malamente in degli scatoloni che si trovavano ammassati lungo la parete davanti al letto.
“Accomodati,” mi disse lui indicando il letto.
Mi sedetti mentre lui cercava qualcosa nei cartoni, quando l’ebbe trovato schizzò in bagno dicendo: “torno subito.”
Personalmente non sapevo cosa aspettarmi ormai, immaginavo volesse farmi vedere qualche costume, magari un paio di skeetch e che sarebbe finita lì ma in realtà mi sbagliavo.
Uscì dal bagno vestito con il pannolino della mattina e con in testa una cuffia da lattante e in bocca un mega ciuccio.
“Eccomi!” gridò saltando fuori a braccia aperte.
Il nano mi si avvicinò mentre io, seduta sul letto, ridevo di come si fosse vestito.
“Mi fa piacere che ti stai divertendo disse lui.”
Io sorrisi di rimando.
“Adesso però mi devi cambiare Mara,” incalzò lui con un sorrisetto complice al quale io, anche se non proprio convinta, decisi di stare al gioco.
Lui si sdraiò davanti a me con le gambe in aria. “Dai su.”
Divertita mi avvicinai a lui, presi il velcro che fissava i lati dell’indumento e li strappai per tirare giù la parte anteriore.
Nonostante fossi pronta a trovarmi davanti ...
... chissà quale scherzo, trovai invece sotto il pannolino un buffo paio di boxer che rappresentavano in tutto e per tutto il volto di un elefante e, in mezzo alle gambe tozze, una lunga e larga proboscide simile per dimensioni ad una bottiglia di acqua da mezzo litro.
“Accipicchia,” commentai divertita guardando il finto fallo che stava esibendo.
Lui sorrise nuovamente sornione.
“Adesso vestiti però, sarà il caso di andare.” Dissi io pronta ad alzarmi.
“Aspetta, non hai visto la magia finale!”
Misi le mani sui fianchi. “E sia.”
Lui prese la punta del naso dell’elefante poi, guardandomi contò: “1… 2… e 3!” Il nano tirò un colpo secco e la parte della proboscide si staccò dal velcro mettendo in mostra quello che io pensavo fosse un rigonfiamento fatto di gommapiuma: la smisurata proboscide era in realtà il suo uccello; carnoso, gonfio e pieno di vene alla cui sommità si trovava una cappella rossa e sotto il quale dondolavano due testicoli da bue.
Rimasi impietrita a quella visione; in vita mia mai avevo visto dal vivo un arnese simile, di certo, ne ero convinta, quel piccoletto doveva essersi fatto chissà quante villeggianti durante le estati.
Lui avanzò verso di me con l’uccello che dondolava, mentre la cappella gli arrivava all’inizio dei polpacci.
Quando mi fu vicino mi prese la mano e la poggiò sopra il suo pene non ancora eretto
Al tatto la sua pelle era calda e tesa, sotto di essa potevo sentire il suo coso flettersi mentre si avviava verso ...