1. Il bicchiere


    Data: 29/03/2018, Categorie: Tradimenti Autore: HarrymetSally, Fonte: Annunci69

    C’era un bicchiere di ceramica lavorata a mano, nell’attico ultramoderno dove abitavo con mio marito. Era un souvenir di viaggio, uno dei rari regali che mi avesse fatto negli anni del nostro tormentato fidanzamento. Eravamo entrati insieme in quella piccola bottega d’artigianato, e un vecchio, con la pelle indurita dal sole e indelebili macchie di tabacco sulle dita, ci aveva convinti, parlando in una lingua incomprensibile, che quel bicchiere fosse un’opera d’arte imperdibile. Dopo un breve negoziato fatto di gesti e vocaboli inventati a metà strada tra le due lingue, il mio ex aveva sborsato una piccola fortuna per quell’affare, e uscendo avevamo riso assieme su come ci eravamo fatti fregare, da perfetti turisti. Col tempo, avevo finito per amare quel bicchiere. Adoravo il suo blu intenso e i richiami tribali di mille colori, ma soprattutto la viva imperfezione dei suoi contorni, così diversa dalle linee efficienti ed essenziali del nostro appartamento. Tutto in quella casa era all’ultimo grido, eccetto lui. Se ne stava lì da anni, appoggiato sul lavandino in cristallo del nostro bagno, e ospitava i nostri spazzolini da denti. All’interno di quel contenitore piccolo e irregolare, gli spazzolini giacevano assieme e si toccavano come noi non facevamo più da tempo.
    
    Mi trovavo in fondo al collo di bottiglia che era diventato il mio matrimonio. Antonio cercava di fare sempre più tardi al lavoro per non incrociarmi, oppure ero io ad attardarmi fuori, le sere che lo sapevo a ...
    ... casa. Salvavamo le apparenze per le cene di famiglia, ma nella nostra casa gli spazzolini erano gli unici amanti rimasti.
    
    Nel tentativo di minimizzare gli incroci, mi ero trovata la passione posticcia dei balli latino-americani. Due lezioni serali alla settimana, dalle venti alle ventidue servivano lo scopo strategico di risparmiarmi l’imbarazzo della cena il lunedì e il mercoledì.
    
    Il venerdì sera avevo l’appuntamento fisso con i compagni di corso. Sceglievamo un locale a caso, e ballavamo bevendo Mojito fino a notte fonda. La musica era pessima e sempre uguale, e gli avventori si rivelavano fatalmente semi-analfabeti palestrati a caccia di figa facile, ma almeno stavo fuori di casa, mi sbronzavo un pochino e mi lasciavo smanacciare qua e là da maschi eccitati, godendomi la sensazione dei loro membri pulsanti contro di me, prima di rientrare nell’apollineo grigiore della mia casa.
    
    Di ritorno da quelle notti, incontravo lui. Abitava nell’attico di fianco al mio, all’ottavo piano del nostro condominio di lusso. Eravamo soliti scambiarci un saluto silenzioso, appena un cenno del capo, mentre ciascuno infilava la chiave nella propria toppa. Mi aveva sempre incuriosito quella presenza notturna, un bel ragazzo moro e alto, con occhi di un profondo blu. Non riuscivo a immaginare quale fosse il suo lavoro. A volte sfoggiava un completo scuro e una cravatta, una ventiquattr’ore rigida di cuoio nero e scarpe di vernice, come se rientrasse da qualche importante e ingessatissimo ...
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