1. Il bicchiere


    Data: 29/03/2018, Categorie: Tradimenti Autore: HarrymetSally

    ... meeting aziendale, o come se fosse una spia dei film d’azione.
    
    Certe notti, invece, rientrava abbigliato con abiti sgargianti dal sapore anni 70, pantaloni a zampa d’elefante e cappello da cow-boy. In quelle occasioni, era accompagnato da bellissime ragazze con lineamenti dell’est europeo, una o a volte due. Il saluto era sempre silenzioso, ma sul suo viso si dipingeva allora un sorriso beffardo, come se sapesse senza alcun dubbio chi di noi due si sarebbe divertito.
    
    Non sbagliava.
    
    In quelle notti me ne stavo sveglia al buio, sdraiata sul divano, e ascoltavo il mio vicino scopare. Udivo i gemiti delle ragazze, le loro grida e i grugniti del maschio che se le chiavava. Attendevo con uno strano miscuglio di malinconia e curiosità il momento in cui udivo lo scatto della serratura, le risate sul pianerottolo e lo scampanellio dell’ascensore che raggiungeva il piano. Solo a quel punto, mi abbandonavo al sonno, soddisfatta quasi come se fossi stata io a essere scopata.
    
    Non che fossi morta e sepolta. Avevo un amante, Giorgio, un uomo col quale sognavo un giorno di poter fuggire insieme. Ogni qual volta i nostri impegni e gli orari di mio marito lo rendevano possibile, gli aprivo la porta e le gambe, e mi sorprendevo sempre più spesso a pensare, non senza una certa soddisfazione, che forse le mie urla stavano disturbando il sonno del mio vicino, reduce da qualche estenuante nottata. La nostra fu per molto tempo una conoscenza interstiziale, vite per il resto parallele ...
    ... che collidevano in quei microscopici intervalli tra uno scatto di serratura e un altro. Lui turbava le mie notti e io, forse, i suoi pomeriggi, ma per molto tempo non vi fu altro, nemmeno un “buongiorno” mormorato a labbra chiuse nella zona neutra della portineria.
    
    Le cose cambiarono una mattina d’inverno. Il cielo fuori dalla finestra assumeva a poco poco i colori della neve, e io sedevo di fronte al mio inseparabile Mac, protetta da quelle stesse mura che avevo imparato a odiare.
    
    Sentii suonare il campanello e per un istante coltivai l’illusione che si trattasse di Giorgio, di una delle sue visite a sorpresa che si concludevano attorcigliati sul divano o sul pavimento, ma mi risvegliai da quel sogno a occhi aperti. Sapevo esattamente dove si trovava in quel momento, e non era certo qui.
    
    Premetti il comando di stampa e andai ad aprire la porta, mentre la speranza lasciava spazio a una pigra curiosità.
    
    Me lo ritrovai davanti, il mio vicino di casa. Il suo metro e novanta occupava tutta la luce dell’ingresso. Era vestito con un paio di jeans molto attillati e una camicia nera aperta di un paio di bottoni sul davanti, a esibire il petto glabro e asciutto. Era una veste diversa da quella con la quale di solito lo incrociavo. Non era la sua uniforme da samurai aziendale, ma nemmeno il travestimento da “re della notte” con il quale rimorchiava le sue troiette.
    
    “Ciao” disse con disinvoltura, come se avessimo un qualche appuntamento.
    
    “Ciao” risposi, senza spostarmi ...
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