Il bicchiere
Data: 29/03/2018,
Categorie:
Tradimenti
Autore: HarrymetSally
... dalla soglia. Non avevo un particolare motivo per essere scortese, ma nemmeno per farlo entrare. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo.
“Scusa se ti disturbo. Tuo marito è in casa?”
Avvertii la mia sospettosità placarsi all’istante. Sapevo che mio marito offriva consulenze ai danarosi e influenti abitanti del nostro lussuoso condominio, nella speranza di uscire dall’anonimato professionale in cui era.
“Non c’è – risposi – non credo sarà a casa prima delle otto.”
“Bene. In realtà avevo bisogno di parlare con te, ma si tratta di una faccenda un po’ delicata.” Mosse il suo corpo con una certa, aggraziata furbizia e, prima che potessi decidere se lasciarlo entrare o meno, mi aggirò intrufolandosi nel salotto.
“Per caso stavi per mettere su un caffè?” chiese, mentre prendeva posto sul mio divano.
Lo guardai come se fosse atterrato da un altro pianeta. Un pianeta ostile.
“Scusa – rispose, intercettando il mio sguardo irritato e confuso – sono appena uscito da una notte di lavoro interminabile e non vorrei crollare mentre parliamo. Di solito non sono così cafone.”
“Lavoro?” domandai, in tono allusivo.
“Sì, perché?” rispose con aria che voleva sembrare offesa, ma il sorrisetto che gli affiorava sul volto raccontava ben altro.
“Niente” dissi, con una scrollata di spalle, avviandomi in cucina. Contemplai per un istante la possibilità di usare la moka che mia madre mi aveva regalato quando mi ero trasferita, il cui sapore era stato levigato da centinaia ...
... di caffè preparati nel corso degli anni, ma decisi che due cialde nella macchinetta fossero più che all’altezza del mio invadente ospite.
“Per me niente zucchero e un goccio di latte, se possibile” disse.
“Non tirare troppo la corda” risposi, alzando un poco la voce per farmi udire. Mi giunse una risata di risposta che trovai appena più innocente e spontanea di tutto quel giochino da serva e padrone che stava mettendo in piedi. Tornai in salotto con in mano due tazze fumanti, e mi sedetti di fronte a lui. Si avvicinò a me nel prendere la propria tazza, e potei annusare il suo profumo. Una qualche versione di Hugo Boss, maschia e un po’ dozzinale, come il suo proprietario.
“Allora – dissi – qual è questa faccenda delicata di cui devi parlarmi senza mio marito?”
Mentre mi rivolgevo a lui con fare sicuro, mi resi conto di quanto poco attraente fossi quella mattina. Indossavo un paio di scarpe da ginnastica comode color verde lime e una tuta di cotone nera. I pantaloni avevano due semplici lacci sul davanti, mentre la parte superiore si chiudeva con una lampo color argento. Avevo i capelli raccolti in una crocchia efficiente e spartana, e nessun accenno di trucco sul viso. La classica tenuta di chi non aspetta nessuno, o quantomeno nessuno di interessante.
Tuttavia, lo sguardo del ragazzo su di me non era certo uno sguardo lieve, anzi, possedeva quella insistente pressione degli uomini che ti spogliano con gli occhi. Cominciavo a immaginare il tipo di questione che ...