La terra natìa non si dimentica
Data: 16/06/2018,
Categorie:
Incesti
Autore: rococo, Fonte: RaccontiMilu
La terra natìa non si dimentica.Avevo tanto atteso di finire le scuole superiori per evadere dal piccolo mondo del mio paesino calabrese. L�università veniva al culmine dell�adolescenza ed era appunto il passaggio fatale per emanciparsi dalle tutele familiari e per vivere appieno la propria autonomia. I racconti dei miei compaesani più grandi, che quel tragitto l�avevano fatto prima di me, non potevano che alimentare la mia fantasia e rendermi sempre più insopportabile il luogo natìo. Basta con le ipocrisie di una piccola comunità abbarbicata alle sue tradizioni di perbenismo e di repressione! Questo pensavo immaginando, per converso, alle donne che mi aspettavano in città e che mi avrebbero condotto nel mondo sconosciuto del piacere senza limiti e senza remore �. Del resto, la città che avevo scelto per l�Università, Bologna, era una promessa di bella vita e di goduria.In verità, per quanto di studenti calabresi Bologna fosse piena, il mio ambientamento era stato più faticoso del previsto e il feeling con l�universo femminile più complicato di quanto immaginassi. In fondo ero pur sempre un ragazzotto di paese, forse un po� imbranato, sicuramente alquanto complessato. Tant�è che, dopo sette-otto mesi di frequenza, con le colleghe di università avevo combinato un bel niente. E, se non ero rimasto all�asciutto, è per la troiaggine della padrona del monolocale che avevo affittato, la signora Iole, una maialona di 56 anni che si rifugiava nel mio letto tutte le notti che il ...
... marito era fuori, cioè un paio di volte al mese, e che in compenso mi praticava un notevole sconto sull�affitto.Iole non era niente di che, si lavava approssimativamente, fumava come una turca, ma aveva un corpo ancora appetitoso ed era una vera assatanata, sbrodolava come una fontana e non avanzava obiezioni dinanzi ai desideri più perversi che mi venivano per la testa (e per il cazzo). Quando se lo prendeva in bocca sembrava una idrovora, mi tirava fuori anche l�anima. Era superingorda di sborra, diceva che la mia aveva il sapore della mandorla.In paese mi chiamavano tutti Peppuccio, a Bologna mi facevo chiamare Pippo. Dal paesino natìo ero partito con la volontà di cancellarlo dalla mia mente. Da settembre ci ero tornato solo due volte: quindici giorni a Natale e una settimana per le feste pasquali. Mentalmente mi sentivo liberato dalle mie radici, guardavo alla vita di città come al mio destino. E facevo spallucce a mia madre tutte le volte che mi ricordava che la terra natìa non si dimentica per nessuna ragione, altrimenti essa maledice chi la tradisce.Ma, finita la sessione estiva degli esami, ora tornavo per restarci un paio di mesi. Sapevo che mi aspettava la noia, ma anche un po� di refrigerio dall�afa di città. Mia madre Teresa lavorava in una camiceria. Mio padre Michele invece conduceva una piccola azienda agricola che negli anni era cresciuta nel campo della esportazione dei prodotti agroalimentari nelle regioni contermini. Con lui lavoravano anche due miei fratelli ...