1. Come parlarne? - Capitolo III


    Data: 23/05/2021, Categorie: Feticismo Autore: VB1977, Fonte: EroticiRacconti

    ... lunga gamba lo spinse tra le mie cosce. Spalancai gli occhi, sorpreso. Lei sorrise, compiaciuta. Poi, piegando la testa di lato, inspirò. E spinse il piede fino al centro dei miei pensieri. Rimasi paralizzato. Lo mosse dolcemente, facendomi sentire la sua pressione in mezzo alle gambe. Mi accarezzò. Un brivido di piacere percorse tutto il mio corpo, costringendo la mia parte bassa ad erigersi. Mi accarezzò ripetutamente. In un attimo di lucidità, decisi di ritrarmi, tirando indietro la sedia. “Attento” disse, con una voce stranamente roca, “qualcuno potrebbe vedere quello che sto facendo.” Mi guardai intorno, cercando occhi indiscreti, ma, anche non trovandone, rimasi incapace di reagire. Il suo piede si mosse nuovamente, continuando ad inondarmi di impulsi. “Ti prego, Debora” supplicai, “basta…” “Ti piace?” domandò. “Dimmi la verità.” La guardai. Mi sentivo in balìa della sua volontà e questo non faceva altro che stimolarmi ancora di più, rendendomi impossibile pensare. Prima di allora non aveva mai provato a provocarmi in maniera così spudorata. A settanta kilometri da casa, non avevo la più pallida idea di dove volesse arrivare con quel comportamento. “Sì…” risposi. “Mi piace molto… ma ora fermati, ti prego. Non riesco a controllarmi.” Sorrise maliziosamente. “Io non mi fermo. Fermami tu.” Mi sentii sotto tortura. Una tortura di piacere. Qualsiasi tentativo di uscire da quella situazione, non faceva ...
    ... che farmi godere di più, mentre cercavo di non godere per nulla. Mi vergognavo già molto e se avesse continuato presto mi sarei fatto tutto nei pantaloni. Ma lei sembrava non curarsene. Anzi sembrava gradire che io mi trovassi in quella posizione. Decisi di allontanare il piede di forza. Ma come poggiai le mani su di esso, non riuscii a spingerlo via. Mi ritrovai invece ad accarezzarlo e massaggiarlo, traendone ulteriore piacere. Per tutta risposta le sue dita diedero ulteriori stimoli al mio basso ventre, continuando spietatamente a massaggiare la parte probabilmente più sensibile del mio corpo. E come se non bastasse, Debora decise addirittura di allungare anche l’altra gamba, poggiando il suo piede sinistro sulle mie mani e accarezzandole. Sorrideva soddisfatta nel vedermi incapace di resisterle. Oramai ero talmente in balìa del piacere che lei mi trasmetteva, da non desiderare altro che arrivasse al termine. Era stata una lotta impari, che avevo perso miseramente e ne avrei pagato il prezzo macchiando i pantaloni. Non ero neanche più in grado di chiederle che avesse pietà. Poi, improvvisamente, ritrasse quegli spietati strumenti di piacere. Mi risvegliai da un bel sogno, intontito. Accanto a noi, giunse il cameriere a chiedere di chi fossero le pizze. Il suo sguardo si posò poi su di me e mi domandò se stessi bene. “È solo un po’ di mal di testa” risposi. “È stata una giornata difficile.” Debora rise. 
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