I tormenti di nonna Marta (parte ottava)
Data: 22/01/2018,
Categorie:
Incesti
Autore: Marco Sala, Fonte: EroticiRacconti
... taxi?” “No, non preoccuparti, verrò io a prenderti all’aeroporto. Non so se le ragazze verranno con me, ma sicuramente io ci sarò.” Mentre stavo parlando con Agnese, aggiustai meglio l’ospite della mia cavità anale e, involontariamente, emisi un piccolo gemito. Subito Agnese preoccupata: “Mamma che c’è? Stai Bene?” “Si amore, non è niente, mi sono solo pizzicata un dito.” Mi venne spontaneo inventarmi questa scusa. Come potevo dirle che avevo un oggetto enorme nel culo e che me lo stava dilatando in modo sublime? Ci lasciammo con delle dolci ed amorevoli parole, dentro di me ero molto arrabbiata ma felice di essere riuscita a contenermi e a non darlo a vedere durante questa nostra breve conversazione. Che la mia piccola Agnese facesse sesso con il padre e che addirittura procurasse delle sue amichette per soddisfare l’appetito di quel porco bastardo, proprio non mi andava giù. L’oggetto che mi penetrava era troppo grande per sperare di andare a dormire con lui nel mio ventre, allora mi dedicai a toglierlo, operazione delicata come l’intromissione. Tuttavia il piacere di questa dilatazione anale ancora mi pervadeva. Finalmente andai a letto ma, una volta sdraiata, mi prese un senso d’angoscia. La paura di ciò che avrei fatto il giorno dopo s’impadronì di me. Avevo paura di prendere l’aereo, di rivedere mia figlia, di come avrebbe reagito quando gli avrei detto che sapevo ciò che aveva fatto. Come avrei fatto a affrontare tutte queste cose? Continuai a girarmi e rigirarmi nel ...
... letto finché, al pensiero di Leonardo e della sua mamma, ed al piacere di rivederli al mio ritorno, riuscii finalmente ad addormentarmi. L’indomani mattina, il taxi che avevo prenotato, arrivò con molto ritardo a causa di una gomma bucata, così almeno si giustificò il tassista. Per giunta, all’aeroporto, durante i controlli di sicurezza, non so per quale motivo, fui presa in parte per una perquisizione personale. L’addetta a tale compito, dopo avermi fatta accomodare in una stanzetta chiusa, ispezionò con molta scrupolosità non solo il mio vestito ma anche il mio abbigliamento intimo e, per fortuna, non osò andare oltre. Dopo quasi 20 minuti di controlli e palpeggiamenti vari, finalmente potei proseguire verso il gate. Nonostante fossi in difficoltà per la borsa molto pesante, nessun uomo dei presenti pensò di darmi una mano. Soltanto una ragazzina dai capelli rossi si offrì di aiutarmi. Una galanteria che ormai pensavo fosse scomparsa. La stessa ragazzina, con estrema gentilezza, dopo aver consultato il mio biglietto, mi accompagnò al relativo posto aiutandomi a riporre il borsone. La rabbia per ciò che avevo passato in aeroporto era ancora molto visibile sul mio volto ma un sorriso ed un ringraziamento per l’aiuto non potei negarglieli. Il mio posto era quello vicino al finestrino e, per raggiungerlo, dovetti disturbare una signora già seduta nella poltrona lungo il corridoio. Era un’elegante signora bruna, sulla quarantina, genere “donna d’affari”, occupata a digitare sul ...